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Che cosa può fare l’Onu per salvare l’Afghanistan?

I 193 paesi riuniti in Assemblea Generale saranno di fronte a un dramma impossibile da ignorare

13 Set , 2021

Che cosa può fare l’Onu per salvare l’Afghanistan?

A partire da quando le porte del Palazzo di Vetro si apriranno per ospitare l’Assemblea Generale dell’Onu del 2021, sara’ certamente il dramma afgano il tema comune che nessuno dei paesi membri potra’ far finta di ignorare. I dati di quella che potrebbe diventare una autentica catastrofe umanitaria sono ormai piu’ che noti. In un paese che gia’ prima della partenza delle truppe internazionali aveva molti problemi di malnutrizione infantile, in cui l’agricoltura era stata messa in ginocchio dalla siccita’ e la scolarizzazione delle donne, soprattutto nelle provincie, aveva ancora molti passi avanti da fare, la conquista del potere da parte dei Talebani ha fatto subito temere il peggio. Secondo i calcoli degli esperti, 18 milioni di persone, di cui almeno 10 milioni di bambini, hanno bisogno di un aiuto umanitario immediato e il loro numero potrebbe raddoppiare in un prossimo futuro. E ogni garanzia di rispetto dei diritti umani nei confronti delle donne e degli oppositori, in base ai primi segnali, potrebbe diventare presto un sogno irraggiungibile.

Di fronte a questa situazione il Segretario Generale Antonio Guterres, insieme a diversi suoi collaboratori, ha lanciato gia’ nelle scorse settimane un messaggio preciso. Le Nazioni Unite, ha promesso in molti modi diversi, non si tireranno indietro e il dialogo con i rappresentanti del nuovo governo continuera’ per assicurare a chi ne avra’ bisogno gli aiuti umanitari piu’ urgenti. E contemporaneamente con la riunione convocata a Ginevra per il 13 Settembre diventera’ piu’ pressante l’appello ai donatori per raccogliere i fondi necessari.

L’Onu, in realta’, e’ impegnata in Afganistan gia’ dal 2002, quando il Consiglio di Sicurezza aveva creato l’UNAMA , United Nations Assistance Mission in Afganistan . I compiti della missione, gia’ da allora , erano vasti e complessi e andavano dal coordinamento del lavoro di ben 20 diverse agenzie specializzate, dalla Fao all’Unesco e dal WHO all’UNwomen, all’ analisi della situazione politica e economica, A questo si aggiungevano la protezione dei diritti umani e l’ organizzazione delle donazioni. Il tutto, ovviamente, in collaborazione col governo locale. Nel corso degli anni, l’agenzia aveva svolto un lavoro importante , aprendo parecchie sedi nelle province, organizzando i voli del World Food Program in 20 citta’ diverse e soprattutto mantenendo un continuo e aperto dialogo con il governo afgano per modificare la Costituzione e migliorare la situazione delle donne e il rispetto dei diritti umani.

Adesso, in una situazione profondamente mutata, il ruolo dell’UNAMA dovra’ pero’ essere ripensato. Il suo mandato, che era stato rinnovato per un anno a settembre del 2020, scadra’ il 17 di settembre e dovra’ essere ora nuovamente prolungato o ridiscusso . E anche se gli obbiettivi piu’ delicati della missione, su pressione dei paesi occidentali, non saranno probabilmente toccati, realizzarli non sara’ facile per la rappresentante del segretario generale per l’Afganistan , Deborah Lyons, e soprattutto il suo vice Ramiz Alakbarov.

Di sicuro, almeno fino ad ora, la promessa di Guterres di non abbandonare la popolazione afgana e’ stata, nei limiti del possibile, rispettata.

Da Kabul, dove e’ ora il piu’ alto rappresentante dell’Onu, Alakbarov ha promesso di continuare il suo lavoro. Le necessita’ sono immense, ha spiegato. ma nei giorni scorsi la missione e’ riuscita a far arrivare a Mazar-i-Sharif quattro aerei carichi di materiale sanitario, una goccia, ma sufficiente almeno per curare 200.000 persone. Le risorse alimentari, secondo le previsioni, finiranno a fine settembre, ma l’Umanitarian Air Service, che fa parte del WHO, sta organizzando dei voli per permettere a 160 organizzazioni umanitarie di inviare le loro donazioni. Al nuovo Emirato Islamico, ha spiegato ancora Alakbarov, mancano totalmente le risorse finanziarie, ma lo sforzo per trovare donazioni continua anche se la raccolta di fondi promossa dal segretario generale Guterres e’ ancor lontana dai 766 milioni di dollari necessari.

Chiuso nel suo ufficio guardato a vista dai Talebani, Zamir Alakbarov ha anche lasciato la porta aperta per il dialogo. ‘I contatti con i rappresentanti del nuovo governo sono continui, anche se si limitano alle questioni umanitarie.”ha detto.

Al Palazzo di Vetro,intanto, il primo pensiero e’ stato per la sicurezza del personale. Gia’ a fine giugno, l’Onu aveva cominciato a far evacuare gran parte del suo staff dalle sedi locali, a cominciare da Herat, per trasferirlo nella piu’ sicura Kabul o addirittura a Almaty, in Kazakhistan.

Al piccolo gruppo che e’ rimasto, circa 200 funzionari internazionali e 3.000 locali, Deborah Lyons, secondo alcuni documenti riservati ottenuti da Foreign Policy, ha raccomandato di non muoversi di casa se non in caso di assoluta necessita’, di evitare gesti o movimenti inconsulti di fronte a un eventuale visitatore e di distruggere i documenti piu’ delicati.E alle donne, che sono rimaste in prima fila a fare il lavoro umanitario, ha chiesto di raddoppiare la prudenza.

Gianna Pontecorboli

Anche sul Corriere del Ticino

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