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L’Onu raccoglie 1 miliardo per l’Afghanistan. Ma non basta

Il segretario generale dell'Onu si dice soddisfatto della risposta all'appello-lampo per affrontare la crisi umanitaria. Ma i soldi raccolti non basteranno a rimettere in sesto l'economia

15 Set , 2021

L’Onu raccoglie 1 miliardo per l’Afghanistan. Ma non basta

Si dice soddisfatto, per ora, Antonio Guterres, il segretario generale dell’Onu. Di fronte all’aggravarsi delle molte crisi in cui versa l’Afghanistan, alcuni giorni fa ha convocato una conferenza ministeriale. Al centro, un appello-lampo per raccogliere almeno 600 milioni di dollari per affrontare “l’ora più drammatica” per il Paese ed evitare “il collasso di un intero Paese, tutto insieme”. Ieri, al termine della conferenza che si è tenuta a Ginevra, Guterres ha tirato le somme. “Ci sono stati 156 partecipanti, inclusi più di 90 Stati. Ciò dimostra quanto cruciale sia l’Afghanistan per la comunità internazionale. È stato stanziato più di un miliardo di dollari”, ha dichiarato Guterres. Che però non ha fornite cifre precise sugli stanziamenti dei singoli governi e non ha comunque nascosto i problemi strutturali dell’economia afghana: “Dobbiamo tenere a mente che l’aiuto umanitario non risolverà il problema, se l’economia dell’Afghanistan collassa. Il mio appello alla comunità internazionale è di permettere all’economia afghana di respirare, evitando il collasso”.

Una boccata di ossigeno, dunque. Per tamponare una gravissima crisi umanitaria, che precede l’arrivo al potere dei Talebani, ma che la loro velocissima conquista ha aggravato, con scossoni strutturali sul sistema economico, finanziario, istituzionale, politico. Come ha spiegato in parte il coordinatore degli aiuti umanitari dell’Onu, Martin Griffiths. “Il sistema umanitario ha bisogno di fondi immediati, generosi, flessibili”, ha sostenuto nel suo intervento. “Serve più dei 500 milioni di dollari dati dai donatori internazionali come risposta umanitaria nel 2020, grazie ai quali è stata fornita assistenza a 8 milioni di persone. Oggi, “con 606 milioni di dollari di questo appello lampo potremo aiutare circa 11 milioni di persone nei prossimi 4 mesi”. Griffiths ha poi invitato a distinguere tra sanzioni contro il regime dei Talebani e aiuto umanitario. “Ogni eventuale sanzione da parte degli Stati membri deve escludere le attività umanitarie imparziali”. Griffiths ha anche ricordato il suo recente incontro a Kabul con alcuni esponenti del nuovo governo.

I Talebani avrebbero assicurato agli operatori umanitari accesso libero e sicuro ai territori e garantito la sicurezza dei funzionari e dei compound delle Nazioni Unit. Così Griffiths, dopo la sua recente visita a Kabul. Dove ieri è arrivato anche Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati. Anche per lui obiettivo prioritario è evitare il collasso del Paese. Senza dimenticare la questione dei rifugiati: i milioni di afghani che vivono all’estero, i 550.000 sfollati interni dall’inizio dell’anno. Un problema anche per i Talebani, che già adottano il linguaggio che la comunità internazionale vuol sentire e parlano della necessità di garantire “rientro sicuro” ai milioni di espatriati. Per chi vive nel Paese, la situazione è drammatica.

Nei giorni scorsi abbiamo ricordato che, secondo una previsione macroeconomica del Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite, se non si invertisse la tendenza attuale a metà del 2022 il 97 per cento della popolazione si ritroverebbe sotto la soglia di povertà. Un Paese in povertà universale. Già ora, metà della popolazione – circa 18 milioni di persone – ha bisogno di assistenza umanitaria, una persona su tre affronta problemi di insicurezza alimentare, più di un bambino su 5 rischia malnutrizione acuta. La grave siccità in alcune province del Paese aggrava le cose. David Beasley, il direttore esecutivo del World Food Programme, ha ricordato che le riserve alimentari potrebbero terminare alla fine del mese, che il 40 per cento del raccolto di grano è andato perduto, che non ci sono più soldi per comprare cibo. “Quattordici milioni di persone non sanno cosa mangeranno”.

La comunità internazionale ha accolto con apparente generosità l’appello-lampo di Guterres. Anche Washington. Ieri Usaid, l’Agenzia statunitense per la cooperazione internazionale, ha annunciato altri 64 milioni di dollari in assistenza umanitaria. Passeranno per Ong e andranno direttamente al popolo afghano, assicurano. Ma la generosità è molto parziale, se paragonata all’ammontare di fondi destinati in questi 20 anni a condurre la guerra. In più, i fondi promessi potrebbero non arrivare mai, almeno non tutti. Oppure arrivare troppo tardi. Quelli che arrivano potrebbero essere gli ultimi. Mentre l’economia afghana continua a cadere a picco, nelle mani dei Talebani e del loro Emirato islamico.

Questo articolo è uscito sul manifesto del 14 settembre

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